“Family game”, laboratorio videogiochi al Fiuggi Family Festival

g.r. – Torno ora dal Fiuggi Family Festival appena concluso. E’ stata una bellissima esperienza, arricchita da tante famiglie (20mila le presenze) venute a divertirsi e a scoprire le proposte. Il laboratorio videogame, grazie ai tutor Ermanno, Eugenia, Pietro, Marco e Marco (15 anni il più giovane, 40 il più “anziano”) ha funzionato a pieno regime mattina e pomeriggio, ospitando bambini, ragazzi, genitori e nonni: 80 anni il record della giocatrice più matura. A molti abbiamo spiegato pregi, difetti e soprattutto potenzialità dei videogiochi in una dimensione family. Non finisce qui: l’esperienza srà ampliata e ripetuta, anche grazie alle richieste del pubblico intervenuto (molti vorrebbero fare altrettanto nelle loro città…).

Intanto è giusto ringraziare Aesvi per il patrocinio e Disney, Microsoft, Nintendo e Sony per la collaborazione.

Sul sito www.fiuggifamilyfestival.org maggiori notizie su ciò che è successo a Fiuggi dal 24 al 31 luglio.

Giuseppe Romano

Il nuovo numero di “Fogli”: videogiochi a scuola

g.r. – è uscito il numero di “Fogli” targato luglio-agosto. L’articolo è nella pagina qui. Tratta di “World of Warcraft”, della innovativa convenzione Aesvi-Ministero dell’educazione, di un interessante esperimento di videogioco in un liceo di Milano.

Il futuro dei serious games

g.r. – Dalla rivista www.e-duesse.it traggo una notizia molto interessante: i serious games hanno un futuro. Serious, cioè giochi finalizzati all’apprendimento e all’educazione. Ben lieti di apprenderlo, anche se il vero orizzonte è quello in cui anche i non-serious sono belli e pieni di contenuto: un romanzo non ha bisogno di essere didattico per essere esemplare, per intrattenere educando alla bellezza.

Mercato serious games a oltre 10 miliardi di dollari nel 2015

Mercato serious games a oltre 10  miliardi di dollari nel 2015

La società Idate ha pubblicato uno studio in cui si prevede che il business legato ai videogiochi educativi crescerà esponenzialmente nei prossimi 5 anni

Idate, società europea di analisi di mercato, ha stimato che il mercato globale dei serious games, software videoludici per l’apprendimento scolastico e professionale, crescerà da 1,5 miliardi di dollari nel 2010 a circa 10,5 miliardi di dollari entro il 2015, con tassi di crescita media del 47% annuo. Gran parte di questa crescita è da attribuirsi allo sviluppo delle tecnologie mobile, che sempre più affiancano il PC come piattaforme ideali per lo sviluppo e l’utilizzo di videogame educativi, oltre che al maggiore interessamento (a partire dal 2013) delle piccole e medie imprese a questo strumento per l’apprendimento. Secondo Idate, inoltre, il business dei serious games è particolarmente interessante perchè rappresenta una potenziale fonte di guadagno per molti diversi segmenti, non necessariamente collegati ai publisher di software per l’intrattenimento interattivo tradizionale: personale per il supporto professionale all’utilizzo del prodotto e personale in grado di istruire i potenziali utenti, adattare il software alle situazioni specifiche, configurare il prodotti in base alla tipoligia d’utenza, raccogliere risultati, interpretarli e reinserirli nel gameplay per incrementare il progresso dei giocatori. A questi si aggiungono i vari settori dello sviluppo e della distribuzione (developers, publisher, distributori e rivenditori), agenzie di marketing e PR, università e istituti di ricerca e i settori di utilizzo finale (difesa, salute, information technology e insegnamento accademico).

Laboratorio videogiochi al Fiuggi Family Festival

g.r. – Manca ormai poco al Fiuggi Family Festival (24-31 luglio), dove sarà attivo per la prima volta un laboratorio videogame con tutor che introdurranno le famiglie nel mondo dei videogiochi: qui informazioni più dettagliate sul Festival e qui sul laboratorio, patrocinato da Aesvi e condotto in collaborazione con Disney, Microsoft, Nintendo, Sony.

Giuseppe Romano

Suicidio scongiurato via facebook

g.r. – Un’altra tragedia scongiurata grazia alla “rete amica”: perché siamo uomini e non fantasmi (elettronici), e ciò che diciamo e facciamo nell’internet si ripercuote nella vita di tutti i giorni… e magari ci salva la vita. Su un fatto accaduto, Avvenire mi ha intervistato qui.

Giuseppe Romano

Come al solito, copio sotto il pezzo:

L’ALTRO VOLTO DELLA RETE Ennesimo episodio di un suicidio scampato grazie alle segnalazioni degli utenti Internet. L’ultimo caso a Garbagnate: da Imperia avevano preso sul serio l’annuncio di una donna sul suo profiloWeb

«Ora mi uccido» Ma Facebook gli salva la vita

Taranto: l’«addio» online di un 46enne Un amico preoccupato avverte però il 112

DA MILANO VIVIANA DALOISO

P uò essere l’imbuto di ogni pettegolezzo possibile sugli altri, la cassa di risonanza di ogni bravata o superficialità, il propagato­re di ogni forma di violenza e sopruso. Ma può an­che diventare il luogo in cui si cerca – e si trova – aiuto. Tanto da vedersi salvare la vita. Tra i mille volti di Facebook, c’è anche quello che ieri, a Ta­ranto, ha permesso agli agenti della Questura di impedire a un uomo di 46 anni di suicidarsi. Spo­sato, con due figli, era vessato da gravissimi pro­blemi economici e aveva deciso di farla finita: «Basta, sono disperato», aveva digitato sulla ba­checa del suo profilo sul social network.

E un suo conoscente, allarma­to da quelle parole, aveva im­mediatamente chiamato la po­lizia, spiegando i fatti. È stata provvidenziale, quell’attenzio­ne, quello sguardo sulla vita di un amico che non si ferma sul­l’orizzonte virtuale, ma è pron­to a cogliere nel grido d’aiuto lanciato in Rete la possibilità concreta di un gesto estremo: così le forze dell’ordine sono risalite all’indiriz­zo dell’uomo, e sono piombate nella sua casa giu­sto in tempo per evitare la tragedia. Trovandolo seduto alla scrivania nell’atto di scrivere un’ulti­ma lettera anche ai suoi familiari.

L’episodio di Taranto è solo l’ultimo di una lun­ga serie: lo scorso marzo era successo a Garba­gnate, nel Milanese. Una donna aveva annun­ciato l’intenzione di uccidersi, sempre sul suo profilo: allora la segnalazione al 112, e poi alla Polizia Postale, era arrivata da un utente della provincia di Imperia. La donna era stata raggiunta nel giro di un quarto d’ora, e trovata in uno sta­to confusionale e malnutrita. E poi a febbraio, ancora, protagonista sempre una donna, stavol­ta di Teramo: il tam tam degli amici, che aveva­no letto le sue parole di addio sulla bacheca del suo profilo, l’ha salvata.

«Sono episodi che parlano di due aspetti fonda­mentali del mondo dei social network e, in par­ticolare, di Facebook», spiega il sociologo Giu­seppe Romano. Il primo è quello di una realtà ba­sata sempre più sulla Rete come mezzo di co­municazione: «Quello che avviene online – con­tinua Romano –, quello che si fa o si annuncia sul proprio profilo non è ‘altro’ dalla realtà. È qualcosa che c’entra con la vita di ciascuno, che parla di solitudine vera, di problemi concreti, non è solo ‘virtuale’». Ecco allora che sempre più per­sone oggi esprimono il proprio disagio reale su Facebook, lan­ciando richieste d’aiuto, di confronto e di dialogo. «Ma l’a­spetto più meritevole d’atten­zione, per quanto riguarda l’e­pisodio di Taranto – spiega an­cora Romano –, è che dall’altra parte c’è qualcuno che ascol­ta, che ha ascoltato. Segno che Facebook non è soltanto un’anticamera in cui tutti passano, si fermano per breve tempo, e poi vanno via. In questo caso il social network è diventato un salotto in cui ci si è seduti e si è formata una ‘famiglia’, in cui la dimensione dell’altro è stata presa in considera­zione seriamente». Che poi dovrebbe essere la vocazione l’obiettivo stesso delle comunità onli­ne: «Alla civiltà della Rete globale serve questa dimensione umana, senza la quale la comunica­zione tra persone diventa solo un involucro vuo­to – conclude Romano –. E senza la quale, come a volta la cronaca ci ha tristemente messo sotto gli occhi, anche gli appelli più disperati possono scivolare via».

Così, per il sociologo Giuseppe Romano, il social network può diventare «spazio reale di aiuto e ascolto»

Gli advergames online e la malnutrizione dei bambini

g.r. – Bando agli advergames, i giochi online che nei siti aziendali intrattengono i bambini e frattanto fanno “passare” il marchio che vogliono vendere. Ne parla qui il Corriere, sottolineando che queste pubblicità camuffate da gioco nei siti web sono pericolose e ingannevoli, perché quasi sempre i cibi che propagandano sono malsani. Nell’articolo si cita una ricerca che dimostra la vastità del fenomeno e si auspica che le imprese si diano un’autoregolamentazione che tuteli i piccoli da questa violenza. Come ho segnalato altrove (qui) un’azienda grande e tanto vituperata come McDonald’s, che molti ritengono il prototipo dell’alimentazione malsana, se l’è già dato, il codice, e non mostra cibi e bevande men che sani quando fa pubblicità rivolta ai bambini. Per una volta, i “cattivi” non sono così cattivi.

Giuseppe Romano

Ibm: tecnologia smart, non “come” ma “perché”

g.r. – Sam Palmisano, Ceo Ibm, ha inaugurato la strategia decennale di Big Blue dedicata a rendere il mondo uno “smarter planet”, elaborando soluzioni intelligenti non soltanto fatte di oggetti tecnologici, ma di risposte (tecnologiche, strategiche, sociali) a problemi umani. Qui una sua relazione piuttosto interessante.

Lì, dentro un testo piuttosto lungo, ho trovato una frase che – pur non essendo originale in assoluto – ricorda qual è la prospettiva giusta per affrontare l’era digitale senza cadere in quel tecnicismo che risulta deleterio specie in campo scolastico ed educativo. Quel che occorre spiegare, dice Palmisano, “non è come si deve usare la nuova tecnologia ma perché la si deve usare”.

Brain Training è il miglior “Family Game” nel concorso del Fiuggi Family Festival

g.r. – Ecco i risultati del concorso che il Fiuggi Family Festival ha promosso, con la collaborazione di Famiglia Cristiana e il patrocinio di Aesvi, per scegliere il “videogioco family” più amato.

Il videogioco Brain Training, della Nintendo, ha vinto il concorso per il miglior “Videogioco Family” dell’anno. I 1723 votanti dell’iniziativa promossa dal Fiuggi Family Festival, insieme al settimanale Famiglia cristiana e col patrocinio di Aesvi (Associazione Editori Software Videoludico Italiana), gli hanno aggiudicato 741 preferenze. Piazza d’onore per Wii sports (684 voti) e terzo posto per Fifa 2010 (552 voti).

Era possibile votare fino a tre giochi preferiti scelti dalla lista di quindici “adatti alla famiglia” selezionata e proposta dal Festival. Pubblicato il 15 aprile, il bando si è concluso il 31 maggio.

Un trionfo per i giapponesi di Nintendo, ai quali non a caso si deve l’introduzione di due console, la Wii e la Ds, particolarmente adatte a un intrattenimento di tipo familiare. Al quarto posto, per una manciata di voti, si è fra l’altro classificato un altro titolo Nintendo, dedicato al celeberrimo SuperMario (528).

Gioiscono, frattanto, alcune famiglie: le tre che, estratte come vincitrici del concorso, usufruiranno di un soggiorno gratuito a Fiuggi in occasione del Festival.

Nell’imminente terza edizione del Fiuggi Family Festival (www.fiuggifamilyfestival.org), in programma dal 24 al 31 luglio, e che prosegue quindi  il suo percorso di informazione su un campo dell’intrattenimento che riguarda molto da vicino tutti i membri delle famiglie italiane, sarà inoltre attivo un “laboratorio videogiochi” aperto a tutti i membri delle famiglie, non soltanto per giocare ma per conoscere meglio, dal punto di vista dei genitori, dei figli, dei nonni, tutto ciò che è bene e interessante sapere sui videogiochi. Tutor esperti saranno a disposizione dei visitatori per rispondere ai loro dubbi e guidarli nel corretto utilizzo del mezzo.

Di seguito i risultati del concorso:

Titolo Voti Percentuale

1. Brain training (Nintendo) 741 15,27%
2. Wii Sports (Nintendo) 684 14,09%
3. Fifa 2010 (EA Sports) 552 11,37%
4. New SuperMario Bros (Nintendo) 528 10,88%
5. Cooking Mama (505 Games) 355 7,32%
6. L’era glaciale 3: L’alba dei dinosauri (Activision Blizzard) 350 7,21%
7. Buzz: il quizzone nazionale (Sony  Computer Entertainment) 345 7,11%
8. Age of empires (Microsoft) 329 6,78%
9. Guitar Hero (Activision Blizzard) 229 4,72%
10. Family trainer (Namco Bandai) 175 3,61%
11. Giulia passione presenta amiche e segreti (Ubisoft) 155 3,19%
12. Toy story mania (Disney Interactive Studios) 149 3,07%
13. Little Big Planet (Sony Computer Entertainment) 116 2%
14. Lips (Microsoft) 74 1,52%
15. Scene it? Campione d’incassi (Microsoft) 71 1,46%

Inghilterra: cyberdipendenza e divieto di pc sotto i 9 anni

g.r. – Il pc e i videogiochi drogano i bambini (e gli adulti)? Continuo a pensare che i mezzi non vadano confusi con i fini, né i sintomi con le malattie. Così come non si cura la varicella pustola per pustola, ho i miei dubbi sul fatto che proibizioni clamorose come quella che il Corriere ieri ha ripreso (qui) abbiano senso: proibire l’uso del pc a chi ha meno di 9 anni, come propongono scienziati inglesi, davvero serve a garantirne l’equilibrio psicofisico? S’intravvede nella argomentazioni che sì, qualcosa di interessante c’è. Quel che conta, come si accenna nell’articolo, è che il bambino apprenda per tempo a distinguere la realtà dalla fantasia. Ma qui sta il punto: anche i mondi mediati dalle tecnologie sono realtà, una parte dell’unica realtà. Dire e far credere il contrario è il primo passo per una schizofrenia tecnologica e comportamentale. Alla realtà i bambini vanno educati, non abbandonati: qui sta il segreto dell’equilibrio e della maturazione serena di un giovane uomo, di una giovane donna.

Tra le righe si legge il grande problema (la scarlattina) che nessuno vuol pronunciare: che razza di società ci siamo costruiti, dove non ci è materialmente possibile garantire la nostra tranquilla presenza accanto ai figli e la loro educazione in un contesto familiare? Questa, e non altra, è l’aggressione più grave al concetto di realtà, che stiamo collettivamente sottraendo ai più piccoli.

Quanto ai videogiochi, certo, possono alterare la percezione: non solo ai piccini, anche agli adulti. Leggetevi qui la confessione di un ex drogato di World of Warcraft. Può succedere: conosco altre persone identicamente drogate, per esempio, dal loro lavoro. Non vuol dire necessariamente che quella “droga” sia malvagia. Anche qui è questione di equilibrio, un equilibrio che va continuamente “educato” e non lasciato in balia delle emozioni, delle passioni.

Altrimenti hanno ragione coloro che da tutte le parti, in tv e sui giornali, e sulle maglie delle squadre di calcio, ci invitano a scommettere. La passione per il gioco d’azzardo è questo: pensare che la fantasia più improbabile diventi realtà. Pensarlo senza fondamento, visto che le statistiche sono contro. Ma, nel frattempo, giocare ampie risorse reali al servizio di questo miraggio.

Qui invece vorremmo parlare dell’esatto contrario: di scommettere i nostri sogni sulla realtà. Su una realtà migliorabile.

g.r.

Genova, carabinieri per bloccare un ragazzo schiavo di un videogioco

g.r. – Succede a Genova, oggi: sono dovuti intervenire i carabinieri per tenere a freno un tredicenne che non voleva interrompere il suo videogioco preferito: è stata la madre a chiamarli, allarmata, dopo che per continuare a giocare il figlio aveva saltato pasti e scuola. Ripreso, aveva reagito in modo violento.

I carabinieri hanno sequestrato la console con cui il ragazzo giocava e hanno anche avviato un’indagine sulle modalità di accesso e di utilizzo del videogame in questione. Che è un gioco di guerra online riservato a maggiorenni.

Lasciamo stare i moralismi d’occasione, pronti e facili. Propongo due considerazioni forse meno immediate, ma utili a capire.

Primo punto. Se un tredicenne accede a un sito riservato a maggioorenni qualcosa è già successo: falsificazione dell’account, uso di carta di credito non sua, eccetera. Una madre queste cose può ignorarle, dal momento che in materie tecnologiche gli adolescenti sono spesso più svegli e più competenti dei genitori. Però questo implica almeno che la “trasgressione” è stata più ampia di ciò che dichiarano le agenzie.

Seconda considerazione. Forse bisogna cambiare prospettiva. Certo, è possibile che un ragazzo venga così ammaliato da un videogioco da perdere il conto del tempo e del mondo. Molti ragazzi passano ore – giorni, notti – avvinti al video per “andare avanti” con un gioco appassionante. Peraltro ricordo me stesso quindicenne passare due notti intere, consecutive, sveglio e arzillo a divorare “Il signore degli anelli”, appena venutomi in mano. Succede, è sempre successo.

E allora si può pensare pure che un ragazzo che va “oltre”, che non mangia e non va a scuola, che falsifica la propria identità e minaccia la madre di violenza al punto che si debbano convocare i carabinieri, un ragazzo simile aveva già, magari inespresso, un problema serio di equilibrio e di senso della realtà. Che magari è esploso nell’immedesimazione col videogame, ma già c’era. Più o meno come quando un ragazzino ubriaco o peggio si mette al volante di un bolide e guida nella notte.

Terza considerazione, d’altro ordine. Tutti i videogiochi riportano un avviso riguardante l’età minima consigliata. Se non lo riportanom lasciamoli perdere. Se l’avviso c’è, occorre rispettarlo. Vale per i produttori, i venditori, gli acquirenti. Facendo rispettare quell’avviso, rispettiamo anzitutto i ragazzi.

g.r.